mercoledì 18 gennaio 2017

La Turchia nella morsa del terrorismo si affida al sultanato di Erdogan

All'indomani della cattura del responsabile della strage di Capodanno al night Reina di Istanbul occorre riflettere sui motivi per cui la Turchia nell'ultimo anno e mezzo è diventato un bersaglio primario del terrorismo con decine di attentati e oltre 100 morti complessivi. All'origine vi è la politica ambigua perseguita da Erdogan che dopo aver appoggiato i jihadisti contro Assad si è volto all'alleanza con Russia e Iran in difesa del regime siriano, lasciando Aleppo, una delle città simbolo dell'impero ottomano alla mercé dello sciismo e suscitando il risentimento di molti alleati sunniti.
Inoltre Erdogan nella sua azione di repressione dell'opposizione ha perseguito anche numerosi elementi delle forze di sicurezza che non sono state sostituite adeguatamente, rivelando di conseguenza la loro impreparazione nel prevenire e reprimere le ondate di attentati.
Nel frattempo Erdogan utilizza lo spettro della minaccia del terrorismo per giustificare il processo di modifica della costituzione in senso presidenzialista che dovrebbe portare a un ulteriore rafforzamento dei suoi poteri. Nel progetto di riforma sparisce la carica di primo ministro e il presidente della Repubblica diventa l'unico titolare della guida dell'esecutivo con l'ausilio di due vicepresidenti, vedendo aumentare in modo considerevole la possibilità di ricorrere alla decretazione d'urgenza. Erdogan guida la Turchia dal 2002 ma, qualora la riforma venisse approvata a seguito del voto nel referendum popolare, potrebbe ricandidarsi per ulteriori due mandati da presidente della durata di cinque anni ciascuno, rimanendo al potere fino al 2029. Sempre che frattempo non sopravvenga qualche ulteriore revisione della Costituzione che gli consenta di prolungare a tempo indeterminato la sua permanenza al potere.

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